Programmazione 2020-22. Servono correttivi? I Parte
Sommario: Il CdA dell’Ateneo ha recentemente approvato la delibera sulla Programmazione 2020-22, prevedendo l’impegno di 112 P.O., di cui 52,6 per RTD, 42,6 per Progressioni (inclusi passaggi da RTDb a PA e chiamate di esterni) e 16,8 per personale TAB. I dati discussi nell’articolo mostrano che i P.O. impegnati per RTD sembrano adeguati alle necessità dell’Ateneo e che invece le risorse per le progressioni alla I e II fascia dei docenti abilitati sono troppo limitate, sufficienti solo per un centinaio di progressioni nell’intero triennio, a fronte di circa 110 RU e 230 PA abilitati. Pertanto, con queste risorse, più di 2/3 degli attuali abilitati non avranno chance di progressione nel prossimo triennio. Alcuni P.O. aggiuntivi si renderebbero probabilmente necessari anche per il personale TAB. Nell’articolo viene quindi stimato il numero di P.O. aggiuntivi che sarebbe necessario impegnare, discutendone anche la sostenibilità. Al termine si formula quindi una proposta che cerca di contemperare la necessaria prudenza nella gestione delle risorse con la piena considerazione delle esigenze di sviluppo dell’Ateneo.
Il consiglio di amministrazione ha recentemente approvato le regole per la programmazione per il triennio 2020-22. La delibera è a mio giudizio molto positiva, sia perché non stravolge le linee generali della precedente relativa al 2017-19 (dando così continuità e sicurezza sulle regole), sia perché introduce alcuni opportuni miglioramenti, tra i quali la possibilità di cofinanziare con fondi da progetti i ricercatori di tipo B, il maggiore peso dato al numero di abilitati di ogni dipartimento e la maggiore chiarezza sul costo imputato ai dipartimenti per gli RTDb. Richiamo anche con piacere la circostanza che questa delibera contiene l’importante contributo di coordinamento e indirizzo del professore La Mantia, che in questo modo conclude nel migliore dei modi il suo ruolo di pro-rettore alla programmazione strategica.
In questo quadro decisamente positivo credo che la delibera presenti però un aspetto critico, relativo alla quantità di punti organico (P.O.) messi a disposizione per il prossimo triennio, attualmente pari a 112. Tale numero viene definito nella delibera sulla base di valutazioni sulle percentuali di turn-over, che però conducono ad un valore molto inferiore a quanto ritengo sarebbe servito all’Ateneo e a quanto sarebbe stato possibile impegnare.
Credo che anche sotto questo aspetto vada tuttavia riconosciuto l’ottimo lavoro dei consiglieri che, percependo la limitatezza del numero di P.O. previsti, hanno approvato l’inserimento di un passaggio che ne prevede la possibile rivisitazione in relazione “agli obiettivi di crescita del personale dell’Ateneo, […] alle effettive assegnazioni ministeriali, alle effettive cessazioni, alle specifiche necessità dell’Ateneo e alla sostenibilità economico-finanziaria“. In questo modo, quindi, i consiglieri hanno creato le premesse per una correzione della delibera che, sulla base dei dati di seguito indicati, si rende ritengo assolutamente necessaria.
Nel prosieguo, per rendere più agevole la lettura dell’articolo, mi concentrerò sugli aspetti “politici” del problema, lasciando ad un separato articolo l’analitica determinazione dei dati tecnici.
Quanti punti organico servirebbero all’Ateneo nel prossimo triennio?
Un’analisi delle necessità sulla programmazione non costituisce un fatto meramente tecnico, dovendosi in primo luogo definire gli obiettivi politici in termini di consistenza del personale. Ritengo che a questo riguardo si debbano tenere in conto le esigenze di:
– mantenere costante il numero dei docenti dell’Ateneo, senza rassegnarsi ad ulteriori riduzioni;
– assicurare almeno l’80% di turn-over per il personale TAB impegnato in Ateneo (con esclusione quindi del personale dell’AOUP a carico dell’ateneo);
– garantire effettive possibilità di progressione di carriera per un’elevata percentuale dei docenti abilitati;
– prevedere risorse affinché la permanenza in servizio degli attuali RTD, fino al raggiungimento del ruolo di professore associato (PA), non sia resa impossibile da limitazioni di carattere economico o di P.O.;
– consentire le progressioni verticali dei TAB che già svolgono compiti superiori a quelli previsti dalla loro qualifica o che saranno chiamati a farlo.
Con riferimento alle progressioni di carriera, tenendo conto della circostanza che la categoria dei ricercatori universitari (RU) è in esaurimento e che il numero di ordinari (PO) si è molto ridotto negli ultimi anni, ritengo che sarebbe ragionevole prevedere risorse per la progressione del 100% degli RU e del 75% dei PA attualmente abilitati. Per raggiungere tale obiettivo si rende certamente necessario un impegno di P.O. considerevole, pari a circa 22 per i circa 110 RU abilitati e 51,8 per il 75% dei circa 230 PA abilitati. Oltre ad evidenziare che il costo effettivo di tali progressioni sarebbe molto meno proibitivo di quanto in genere si pensi, va anche considerato l’enorme costo che UNIPA pagherebbe, in termini di demotivazione dei docenti, laddove un così elevato numero di colleghi, certamente tra i più attivi dal punto di vista scientifico (avendo recentemente conseguito l’ASN), non vedessero realistiche prospettive di progressione nemmeno in una proiezione triennale. Inoltre, un parametro importante nella distribuzione del FFO è rappresentato dalla voce IRAS2, relativa al numero di P.O. impegnati per la programmazione, “pesato” in funzione dei risultati della VQR ottenuti dai docenti promossi. L’Università di Palermo in questi anni ha conseguito su tale voce il risultato più penalizzante, ottenendo nel 2019 poco più di 6,5 MLN € a fronte dei 9,9 MLN € che le sarebbero toccati sulla base dei risultati della VQR (perdendo così quasi 3,5 MLN €). Aumentare il numero di P.O. impegnati per la programmazione avrebbe quindi un significativo ritorno in termini di crescita del FFO, riducendone considerevolmente l’onere effettivo1.
Nella tabella che segue sono riportati i P.O. che, sulla base degli obiettivi prima indicati, sarebbe necessario impegnare per ciascuna voce, indicando in corrispondenza quelli attualmente previsti nella delibera2. Le stime qui riportate si basano sull’attuale distribuzione dei docenti, degli RTD e dei TAB attualmente in servizio, sulle previsioni di pensionamento deducibili dalla stessa delibera e dal Piano Triennale 2019-21 e sulle norme di legge attualmente vigenti, secondo calcoli analiticamente indicati nel già richiamato articolo successivo.
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Dalla tabella risulta evidente che, sulla base dei calcoli e delle previsioni qui proposti, si renderebbe necessario un incremento molto significativo del numero dei P.O., in quanto ne mancherebbero quasi 70 rispetto alle esigenze discusse. Tale aumento sarebbe in primo luogo necessario con riferimento alla voce delle progressioni di carriera, mentre la delibera appare sufficientemente equilibrata con riferimento alla voce degli RTD. Va infatti evidenziato che le risorse attualmente disponibili per le progressioni di carriera dei docenti dell’Ateneo, al netto di quelle necessarie per i passaggi da RTDb a PA e per le chiamate degli esterni, sono pari a soli 24,6 P.O. complessivi, con una riserva di almeno 7,4 P.O. per professori associati. Tali risorse sarebbero quindi solo sufficienti per la promozione di circa 60 ricercatori universitari e 40 professori associati (oppure 40 ricercatori e 50 associati o altre analoghe combinazioni). La situazione delle progressioni di carriera appare quindi estremamente grave, con la prospettiva, per più di 2/3 degli abilitati, di non potere nutrire aspettative per l’intero prossimo triennio. Come già discusso, credo si tratti di una situazione assolutamente insostenibile, che determinerebbe comprensibili ondate di malcontento, tali da incidere molto negativamente sulla qualità delle attività didattiche e di ricerca dell’Ateneo.
Quanti punti organico sarebbero economicamente sostenibili?
Le esigenze prima prospettate non possono ovviamente essere prese in effettiva considerazione senza avere prima effettuato una valutazione economico-finanziaria. Si proverà quindi adesso a stimare i costi legati all’impegno di P.O. indicati, valutandone anche l’effettiva incidenza sul bilancio dell’Ateneo. In queste stime si farà riferimento al costo aggiuntivo che l’Ateneo dovrebbe sostenere alla conclusione del triennio, essendo ovviamente inferiore l’incidenza nei due anni precedenti.
Come fatto per la determinazione dei P.O., si riporteranno nella seguente tabella i costi prevedibili, rinviando al seguente articolo la loro analitica determinazione. Anche in questo caso si rende necessaria una puntualizzazione relativa alle progressioni di carriera: pur non essendo possibile prevedere se tutti i concorsi banditi ex art. 18 comma 1 verranno vinti da docenti già in servizio presso l’Ateneo, nella stima dei costi si può comunque fare riferimento a tale circostanza, in quanto in presenza di vittorie di docenti che non abbiano avuto contratti con l’Ateneo nell’ultimo triennio si potrà corrispondentemente ridurre il numero di concorsi ad essi riservati, senza alterare quindi il costo complessivo per l’ateneo.
Voce programmazione Unità di personale Costo incrementale [MLN €] Passaggi da RU a PA 110 1,320 4,416 Passaggi da PA a PO 172 3,096 Passaggi da RTDb a PA 59 1,090 1,090 Chiamate di esterni 26 1,896 1,896 Nuovi RTDa 99 4,917 4,917 Proroghe 68 0,000 Passaggi da RTDa a RTDb 15 0,000 TOTALE Docenti // 12,317 Nuovi concorsi TAB 83 2,632 3,232 Progressioni verticali TAB 200 0,600 TOTALE Personale // 15,550
A questi costi vanno necessariamente aggiunti gli incrementi del costo del personale legati agli scatti stipendiali, che complessivamente determineranno nel 2022 un incremento dei costi stimabili in circa 4,527 MLN € rispetto ai valori attuali.
Inoltre, è necessario considerare un ulteriore elemento, pur completamente slegato dalla programmazione e dal turn-over del personale, rappresentato dal prevedibile incremento dei costi per il rinnovo del contratto (per i TAB) e per gli incrementi ISTAT (per i docenti). Come si descriverà nel prossimo articolo, tale incremento può essere complessivamente stimato in circa 6,3 MLN €, di cui 3,85 per i docenti e 2,5 per i TAB.3.
Il costo complessivo del personale, sulla base di queste previsioni, subirebbe quindi alla fine del triennio un incremento di poco inferiore a 26,4 MLN €, la cui sostenibilità va ovviamente valutata considerando i risparmi connessi con le cessazioni che, sulla base dei dati disponibili, possono essere stimati in circa 24,490 MLN €.
Si perviene in questo modo al risultato finale che, impegnando TUTTE le risorse prima indicate (180,8 P.O.) e tenendo conto di tutti gli incrementi stipendiali prevedibili nel triennio, i costi complessivi del personale docente e TAB subirebbero alla fine del triennio un incremento di circa 1,89 MLN €.
Si tratta di un valore sostenibile?
La risposta a questa domanda può essere a mio avviso ragionevolmente positiva, dato che il rapporto tra spese fisse ed entrate (da FFO e contribuzione studentesca) è al momento inferiore al 75% (mentre tale aumento dei costi lo farebbe salire a meno del 76%, ben lontano dal limite dell’80%) e che tutti i bilanci degli ultimi anni hanno visto una differenza tra ricavi e costi di diversi milioni di euro (la maggior parte accantonati in un Fondo Rischi e Oneri ad oggi superiore alla cifra monstre di 40 MLN €, che non credo possa richiedere in futuro ulteriori incrementi).
E’ tuttavia ovvio che, laddove le entrate complessive dell’Ateneo (da FFO e da contribuzione studentesca) continuassero a subire riduzioni, tale conclusione dovrebbe essere rivista. Allo stato attuale ritengo si possa prevedere un sostanziale mantenimento delle entrate, in quanto le prevedibili penalizzazioni ancora subite sulla Quota Premiale dovrebbero trovare compensazione nell’aumento della contribuzione studentesca e della quota di FFO da Costo Standard (in considerazione del perdurante incremento degli studenti iscritti), oltre che nell’aumento della voce IRAS2, che dipende proprio dal numero di P.O. impegnati per la programmazione del personale docente.
Va inoltre messa in conto la probabile futura assegnazione di risorse per nuovi Piani Straordinari, che negli ultimi due anni ci hanno visto assegnare fondi per più di 3,5 MLN € (per oltre 30 P.O.) e che quindi potrebbero verosimilmente annullare del tutto il previsto incremento.
Conclusioni
L’analisi qui presentata mostra con evidenza, a mio parere, che il numero di Punti Organico previsti nella delibera relativa al triennio 2020-22 sia decisamente inferiore alle necessità dell’Ateneo e, d’altra parte, che un’attenta analisi delle prevedibili dinamiche della massa stipendiale ne renda sostenibile un sostanziale incremento.
Tenendo conto della necessaria prudenza che ogni Organo gestionale deve sempre mantenere nell’impiego dei fondi pubblici ed essendo ragionevole prevedere che anche nel prossimo triennio l’Ateneo possa ricevere fondi e P.O. aggiuntivi (come avvenuto nel precedente triennio), potrebbe essere equilibrato prevedere, rispetto all’attuale impegno di 112 P.O., un incremento immediato di almeno 35 P.O., auspicando che i 35 mancanti per coprire tutte le esigenze dell’Ateneo possano arrivare da nuovi Piani Straordinari. Laddove tali risorse aggiuntive non dovessero pervenire, al termine del 2020 e del 2021 si potrebbe verificare se le condizioni di bilancio consentiranno di confermare le stime qui presentate e, in caso di esito positivo della verifica, si potrebbero comunque aggiungere i 35 P.O. mancanti (ponendoli in questo caso a carico dell’Ateneo).
L’aumento immediato di 35 P.O. permetterebbe di portare a 49 i P.O. previsti per ciascuno degli anni del prossimo triennio (mentre attualmente ne sono previsti 42 per il 2020 e soltanto 35 per ciascuno degli anni 2021 e 2022). Inoltre, sulla base dell’analisi delle esigenze discusse, si dovrebbe destinare tale incremento di risorse prevalentemente alle progressioni di carriera, che in questo momento appare la voce più gravemente deficitaria rispetto alle necessità dell’Ateneo. Un possibile intervento che potrebbe aiutare in questo senso è quello di attribuire i passaggi da RTDb a PA alla voce RTD invece che a quella delle progressioni, come peraltro ritengo sarebbe più coerente con lo spirito della delibera.
1 E’ tuttavia opportuno evidenziare che tale possibile incremento diventerebbe effettivo solo laddove l’Ateneo, nell’assegnazione del FFO, superasse la soglia di salvaguardia coperta dalla Quota Perequativa.
2 Nella tabella si fa riferimento per brevità a passaggi da RTDa a RTDb, che ovviamente non esistono, dovendosi invece prevedere concorsi aperti. I dipartimenti che vogliono mantenere la possibilità di una futura immissione in servizio come professore associato di un ricercatore che ha completato il percorso da RTDa + proroga devono tuttavia necessariamente impegnare 0.2 P.O. per un concorso da RTDb. Laddove ciò avvenga, per l’Ateneo è del tutto indifferente, sia in termini di risorse economiche, sia in termini di P.O., che tale concorso venga vinto dal ricercatore che ha completato il quinquennio da RTDa ovvero da un altro soggetto e pertanto le considerazioni qui svolte prescindono totalmente dall’esito effettivo di quei concorsi.
3 Sebbene sia auspicabile che il CUN e la CRUI riescano prima o poi ad ottenere che il costo di tali incrementi venga coperto con risorse aggiuntive, al momento si deve fare i conti con l’ipotesi che esso rimanga integralmente a carico degli Atenei.
Caro Enrico,
innanzitutto grazie per un lavoro di analisi ed approfondimento che è certamente di aiuto a tutti noi. Volevo però aggiungere a quanto da te esposto una considerazione che mi pare importante:
Le tecniche di analisi dei punti organico disponibili e di quelli acquisibili negli anni futuri non possono sostituire l’obiettivo di raggiungere una configurazione del personale docente e TAB che sia virtuosa rispetto a quelle che sono le “missioni” dell’università. Tale configurazione deve corrispondere, oltre ad un rapporto non eccessivo fra spese di personale e spesa complessiva, anche ad un equilibrato rapporto fra ricercatori, associati ed ordinari, nonchè ad una età media non troppo elevata del personale docente.
Purtroppo, gli strumenti che si è dato lo Stato al fine di ottenere la suddetta configurazione si sono rivelati del tutto inefficaci e di questo se ne deve tenere conto, secondo me, in fase di programmazione. Oramai, specie in alcuni SSD, gli indicatori bibliometrici di alcuni borsisti superano i valori soglia per diventare professore ordinario ed il numero delle abilitazioni, oltretutto oramai di durata quasi decennale, sta crescendo a dismisura. E’ ragionevole, in tale contesto, basare la programmazione sulla disponibilità delle abilitazioni scientifiche? Non sarebbe il caso di elaborare strumenti nostri di analisi che ci portino a raggiungere più facilmente l’obiettivo sopra citato?
Caro Tullio,
sono assolutamente d’accordo sulla necessità di creare un sistema equilibrato, anche in relazione alle fasce e all’età media del personale docente. Purtroppo il nostro sistema è andato avanti sempre a singhiozzo, con grandi quantità di immissioni in servizio in certi periodi, seguite da periodi di magra assoluta. E adesso ci troviamo quindi con bravissimi precari quarantenni che attendono di potere entrare nei ruoli, ma d’altra parte anche con Ricercatori cinquantenni (e magari associati sessantenni). E con l’età media degli Ordinari tra le più alte in Europa.
Quello che si deve assolutamente evitare è dimenticare qualcuno e concentrarsi solo sugli altri. Si deve cioè evitare di usare le risorse solo per le progressioni degli interni senza preoccuparsi dei nuovi ingressi, ma si deve anche evitare di pensare solo ai nuovi ingressi mettendo su un “binario morto” i ricercatori e gli associati.
Per questo credo che l’unica soluzione sia aumentare le risorse da impegnare per la programmazione, ovviamente dopo averne verificato la sostenibilità, come credo di avere fatto con i dati a mia disposizione.