E finalmente l’art. 24 … Nonostante la Fedeli?

Da diverso tempo nel nostro Ateneo si discute dell’utilizzo dell’art. 24 della L. 240/2010 che, dopo essere stato ampiamente applicato per il Piano Straordinario Associati, è stato inspiegabilmente del tutto abbandonato. Non potendo partecipare direttamente alle deliberazioni in CdA relative alla programmazione dei professori (in quanto in possesso di abilitazione alla I fascia per il mio Settore Concorsuale), mi sono dovuto limitare, in tutte le occasioni possibili, a discutere le ragioni per cui ritenevo molto opportuno fare ricorso a tale strumento nei limiti massimi consentiti dalla legge (tra cui, ad esempio, in questo articolo firmato congiuntamente con gli altri componenti eletti del Consiglio).

Nella seduta del CdA del 18 aprile scorso, in occasione dell’approvazione della programmazione dei Ricercatori, è stata unanimemente condiviso l’orientamento di fare ricorso alle procedure previste dall’art. 24 nei limiti consentiti e, cioè, entro il 50% dei Punti Organico per posti di professore banditi nel triennio. Ho quindi rilevato con molta soddisfazione che, finalmente, nella delibera dello scorso 16 maggio (alla discussione della quale, come già detto, non ho partecipato), l’impiego di tale strumento veniva esplicitamente previsto.

Nella delibera si prevede, però, che ogni Dipartimento possa proporre l’impiego dell’art. 24 nei limiti del 50% delle risorse ad esso assegnate. In questo passaggio quindi non sembra tenersi conto del fatto che il limite massimo del 50% stabilito dalla legge comprende la totalità dei Punti Organico destinati a posti di professore (e quindi anche quelli banditi ex art. 18 comma 4) né della circostanza che nel 2017 si sono banditi solo posti ex art. 18 (con l’eccezione di due sole procedure ex art. 24). Questi elementi sono tutt’altro che trascurabili, in quanto un semplice calcolo dimostra che, poiché nel triennio 2017-19 l’Ateneo impegnerà complessivamente poco più di 50 P.O. per posti di professore (dei quali solo 0,6 P.O. sono stati finora banditi ex art. 24), nel 2018 e 2019 sarà possibile complessivamente utilizzare l’art. 24 per almeno 24 P.O. e, cioè, per almeno 12 P.O. per ciascun anno. Essendo le risorse assegnate ai dipartimenti di poco superiori ai 14 P.O. per anno, risulta evidente che la percentuale di utilizzo dell’art. 24 lasciata ad ogni dipartimento potrebbe essere superiore all’80%.

Non conosco il testo della delibera approvata dagli Organi di Governo, ma auspico che il generico riferimento alla percentuale del 50% venga interpretato nel senso sopra richiamato e, cioè, come limite relativo alla totalità delle procedure per posti di professore bandite o da bandire nel triennio 2017-19 e che, conseguentemente, si consenta ad ogni Dipartimento, nella programmazione 2018, di proporre concorsi da svolgersi secondo le procedure dell’art. 24 per almeno l’80% delle risorse ad esso assegnate. Non essendo possibile in molti casi frazionare così precisamente il numero di concorsi dentro un singolo Dipartimento, credo che la soluzione più semplice sarebbe che ciascun Dipartimento indicasse quali posizioni intende bandire ex art. 24 (senza limiti, anche il 100% delle risorse disponibili), mettendole in ordine di priorità e lasciando poi che sia il CdA ad approvare l’impiego dell’art. 18 o dell’art. 24 sulla base del rispetto del limite di legge e delle priorità indicate.

Mi è stato inoltre riferito che la delibera, in ossequio ad un “Atto d’indirizzo” del ministro Fedeli, avrebbe previsto la necessità di una motivazione “rafforzata” per il ricorso all’art. 24.

Mi riservo in altro intervento di commentare il significato di tale “Atto di indirizzo” e di discutere quale dovrebbe essere, secondo me, l’attenzione che ad esso andrebbe riservata (anticipo subito, prossima allo zero) da parte di un Ateneo fiero della propria autonomia e delle proprie prerogative costituzionalmente garantite. Tralasciando per il momento questo aspetto e discutendo nel merito la presunta “necessità” di fornire una motivazione specifica e circostanziata del ricorso all’art. 24 per ogni singola procedura, penso si debba riconoscere che chi ha scritto quel passaggio non ha un’adeguata conoscenza del sistema universitario (ma questo, del ministro attualmente in carica, credo fosse a tutti già noto).

La programmazione di un Dipartimento – e quindi, poi, dell’Ateneo – prende infatti le mosse dalla necessità o volontà di rafforzare alcuni SSD rispetto alla configurazione attuale. Se in un settore sono attualmente presenti un certo numero di docenti di ruolo distribuiti su più fasce (Ricercatori a Tempo Indeterminato, Professori Associati e Professori Ordinari) e quel numero è considerato adeguato per le esigenze didattiche e scientifiche del Dipartimento, ma si ritiene necessario rafforzare il ruolo apicale degli ordinari o aumentare l’impegno didattico dei docenti complessivamente presenti (e quindi il numero di professori rispetto a quello dei ricercatori) non si può che seguire una strada: bandire una procedura concorsuale riservata agli interni (appunto, l’art. 24). Tale procedura, infatti, non determina alcun incremento della numerosità dei docenti e ne modifica solo la distribuzione tra le fasce, rispondendo quindi all’obiettivo programmatico individuato. D’altra parte, se invece l’esigenza di rafforzamento richiede anche un aumento della numerosità dei docenti a tempo indeterminato complessivamente presenti si dovrà fare ricorso all’art. 18 (nella modalità più comune, aperta a tutti, o in quella del comma 4, riservata agli esterni).

La motivazione del ricorso ad una procedura o all’altra è quindi intrinsecamente contenuta nella scelta stessa e, quindi, i Dipartimenti sono in condizione di fornire una solidissima e “rafforzatissima” motivazione della volontà di ricorrere all’art. 24 semplicemente facendo riferimento all’adeguatezza della attuale numerosità di docenti di un SSD e della contestuale necessità di intervenire SOLTANTO sull’articolazione interna in fasce, aumentando il numero di professori associati o ordinari rispetto alla configurazione attuale.

Un’ultima considerazione credo vada riservata alle conseguenze dell’utilizzo di una procedura rispetto all’altra. Nel 2017 l’Ateneo ha bandito procedure ex art. 18 comma 1 per un massimo di 14 posti di professore ordinario e di 33 posti di professore associato. Allo stato si sono concluse 12 procedure per professore ordinario e 30 per professore associato, SOLO IN UN CASO con la vittoria di un docente esterno e, IN TUTTI GLI ALTRI, con la vittoria di docenti interni all’Ateneo. Per queste procedure l’Ateneo ha previsto in bilancio una somma pari a circa 1,350 MLN €, dovendo mettere in conto la possibile vittoria di candidati esterni. Il costo effettivo di questa programmazione risulterà invece pari, al termine delle procedure, a circa 700.000 €, con un consistente risparmio di spesa rispetto alle previsioni. Laddove si fosse fatto ricorso all’art. 24 tale risparmio avrebbe potuto essere già messo in conto fin dall’inizio, consentendo di bandire un numero di posizioni quasi doppie a fronte del medesimo impegno di spesa (o, ovviamente, di destinare subito le risorse risparmiate ad altri interventi di sviluppo).

Credo che questa ovvia considerazione chiarisca bene quale sarebbe l’importanza del ricorso generalizzato all’art. 24 (ovviamente nei limiti di legge) per assicurare un adeguato e armonioso sviluppo dell’Ateneo nel rispetto delle giuste aspettative di carriera dei ricercatori e professori abilitati.

Link: Atto di indirizzo n. 39

Un pensiero riguardo “E finalmente l’art. 24 … Nonostante la Fedeli?

  • 5 Giugno, 2018 in 12:19 pm
    Permalink

    Caro Enrico,
    ti ringrazio per il lavoro che stai svolgendo nelle tue funzioni di componente del CdA.
    Approfitto della visibilità offerta dal tuo Blog per fare alcune considerazioni che prendono spunto dai tuoi ultimi articoli.
    Inizio dall’ultimo dove giustamente scrivi:
    “La programmazione di un Dipartimento – e quindi, poi, dell’Ateneo –prende le mosse dalla necessità o volontà di rafforzare alcuni SSD
    rispetto alla configurazione attuale”.
    Ebbene nel nostro Ateneo risultano maggiormente “sottodimensionate”,
    rispetto ai valori nazionali in ambito scientifico, le Aree 01 e 02
    (Matematica e Fisica), quindi ci si attenderebbe una programmazione in risposta
    a questa situazione.
    Ovviamente non sarà così: ti anticipo, infatti, che solo il Dip di Matematica (con 0,456 P.O.)
    programmerà due posti di professore di Matematica.
    Non credi che, per le materie di base, una programmazione d’Ateneo centralizzata, gestita in collaborazione con i dipartimenti per le aree 01 e 02, attraverso l’applicazione dell’articolo 24. possa essere un modo più efficace per rispondere a tali necessità?
    Le esigenze didattiche dell’Ateneo andrebbero tutelate dall’Ateneo stesso attraverso l’articolo 24, senza demandare questo compito a strutture periferiche ma avvalendosi del loro appoggio.
    Proseguendo nell’attuale direzione, si arriverà inevitabilmente ad una contrapposizione tra RTD e RTI, cosa che noi tutti vorremmo evitare.
    Negli ultimi mesi sono cresciuti il disagio e l’insoddisfazione dei ricercatori a tempo indeterminato abilitati non in programmazione, che col trascorrere del tempo vedono ridursi le loro possibilità di passaggio al ruolo di professore associato. Sempre di più, infatti, col passare del tempo i ricercatori di tipo B, aumentando il loro numero, una volta concluso il triennio, attingeranno dalla programmazione ordinaria per il passaggio al ruolo successivo, con conseguenze facili da immaginare, una volta giunti a regime. Questo ciò che già da tempo si profila all’orizzonte.
    Come era stato previsto durante la famosa “protesta sui tetti”, si realizzerà l’affossamento dei RTI ed il sorpasso nei loro confronti.
    Proporre ulteriori posti di ricercatore di tipo A alimenterà quindi il disagio già presente tra i RTI.
    A nostro avviso i dipartimenti e l’Ateneo potrebbero e dovrebbero intervenire per aumentare l’impegno didattico dei docenti già presenti in Ateneo, incrementando quindi il numero di professori rispetto a quello dei ricercatori e applicando l’art. 24 per bandire procedure concorsuali riservate ai RTI, che per anni hanno svolto non solo le diverse attività (in primis quella di ricerca) che erano tenuti a svolgere, ma anche quella didattica, contribuendo, anno dopo anno, a varare e sostenere l’offerta formativa dell’Ateneo.
    Un’ulteriore considerazione: se il nostro Ateneo utilizza il 20% per la chiamate di un esterno nei SSD in difficoltà, non ritieni che per lo stesso criterio un abilitato interno dello stesso settore dovrebbe essere chiamato utilizzando l’Art 24?
    Un caro saluto,
    Salvatore Triolo

    Risposta

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