Considerazioni su una Lettera Aperta sulla programmazione
Gli Organi di Governo dell’Università di Palermo hanno ricevuto alcuni giorni fa una lettera aperta, firmata da un centinaio di colleghi, nella quale si pone il tema delle chiamate dei ricercatori e dei professori associati abilitati alla II o alla I Fascia che, allo stato, non vedono i propri SSD inseriti nella programmazione triennale dei Dipartimenti.
La lettera mette insieme questioni di competenza locale e argomenti che, invece, richiederebbero interventi legislativi e provvedimenti finanziari da parte del Parlamento (i primi) e del Governo (i secondi).
Dal punto di vista legislativo, nella lettera si auspica che l’art. 24 della L. 240/10 (che regola le cosiddette “chiamate dirette”) sia reso applicabile senza limiti di tempo (allo stato il suo utilizzo è limitato al 31 dicembre 2019) e rimuovendo il vincolo del 50% delle risorse destinate alla chiamata di professori. Si tratta di una proposta, avanzata qualche mese fa dal CUN, molto condivisibile in quanto finalmente consentirebbe di fatto di creare percorsi distinti per reclutamento dei giovani (contratto di RTDb con successiva immissione nel ruolo degli associati), ingresso in un Ateneo di professori “esterni” (art. 18 comma 4 della L. 240/10) e progressione di fascia nello stesso Ateneo per ricercatori universitari e professori associati (appunto, l’art. 24).
Sarebbe tuttavia paradossale che gli Organi di Governo di UNIPA chiedessero al legislatore, per il tramite della CRUI, di estendere l’applicazione di una procedura che, ad oggi, non viene utilizzata nell’Ateneo, nemmeno entro i limiti che le norme attuali consentirebbero. Il primo passo sarebbe quindi quello di chiederne l’applicazione, nei limiti imposti dalla legge, dentro l’Ateneo. Nel primo anno dell’attuale programmazione triennale questa scelta non è stata adottata per la notevole preoccupazione, espressa da diversi direttori di dipartimento, che l’opzione tra concorsi da bandire con art. 18 e con art. 24 avrebbe reso ancora più complessa la già difficile approvazione della programmazione.
Nel 2018, tuttavia, queste preoccupazioni potrebbero essere “raffreddate” dall’esistenza di una programmazione ormai approvata (per cui rimarrebbe “solo” da scegliere quali concorsi bandire con una modalità e quali con un’altra), ma anche dalla circostanza che, essendo stata effettuata tutta la programmazione 2016 e 2017 con procedure ex art. 18, verosimilmente la quasi totalità delle procedure del 2018 (o buona parte di quelle del 2018 e 2019) potrebbe essere affidata all’art. 24, rispettando il vincolo del 50% posto dalla legge. Mi riservo di effettuare qualche conto, che non mancherò di rendere pubblico, sulla quantità di concorsi che, nel 2018 e 2019, potrebbero svolgersi con art. 24 sulla base della programmazione attuale dei dipartimenti. Ed auspico che i risultati di tali valutazioni potranno aiutare a modificare l’orientamento attuale sul ricorso all’art. 24.
Nel giugno scorso non ho potuto partecipare alla discussione sul tema (essendo stato invitato ad astenermi in quanto abilitato alla I Fascia), ma conto per il 2018 di chiedere che la decisione sulle modalità di concorso sia mantenuta separata da quella sul resto della programmazione (consentendomene, quindi, la partecipazione) e di proporre che si faccia pienamente ricorso alle procedure ex art. 24 (posizione che peraltro ritengo condivisa da molti degli altri componenti del CdA).
Con riferimento alla decisione di escludere dalla partecipazione alla programmazione dei dipartimenti (e, successivamente, dalla sua approvazione negli Organi di Governo) i ricercatori e professori associati in possesso di ASN, ho formalmente espresso le mie riserve in un’interrogazione, presentata congiuntamente con il prof. Pace, che è agli atti della seduta del CdA del 14 giugno 2017. Nell’interrogazione abbiamo, tra l’altro, chiesto di effettuare una ricognizione delle procedure in vigore negli altri atenei, per verificare se, come pensiamo, l’interpretazione del presunto “conflitto di interesse” per gli “abilitati” fosse una specificità del solo Ateneo palermitano. Non sappiamo ancora se tale ricognizione sia stata effettuata e quali esiti abbia dato. Va rilevato, tuttavia, che in quell’occasione è stata avanzata qualche perplessità sulla opportunità di modificare la procedura da un anno all’altro della stessa programmazione. Comunque, la questione si riproporrà all’inizio del 2018 e vedremo se si riuscirà a modificare l’orientamento fino ad oggi assunto (ricordo che la stessa regola era stata applicata nella programmazione 2015-16).
Fatte tutte queste considerazioni, ritengo che, per quanto rilevanti possano essere i temi dell’utilizzo dell’art. 24 e della corretta applicazione del principio del conflitto di interesse, la questione più rilevante, in particolare per i ricercatori e gli associati dell’Ateneo che sperano di potere utilmente impiegare la propria abilitazione, è quella relativa alla quantità di risorse che si potranno impiegare per la programmazione. Nella Delibera n. 9 del 31 gennaio 2017 del CdA si prevedeva che l’ammontare dei Punti Organico impiegati per la programmazione “potrebbe subire una rimodulazione ove le entrate dell’Ateneo da FFO e tasse universitarie dovessero subire incrementi rispetto alle previsioni attuali e ove il contingente assunzionale autorizzato nei prossimi anni dal MIUR dovesse risultare superiore a quello minimo previsto”.
Tali ipotesi hanno avuto fino ad oggi una sostanziale conferma, in quanto i P.O. autorizzati dal MIUR per il 2017 (sulle cessazioni 2016) sono risultati di oltre 15 punti superiori rispetto a quelli ipotizzati nella delibera ed il FFO è risultato superiore (sia pure soltanto di € 300.000) rispetto alle previsioni di bilancio. Non sono ancora disponibili i dati sulla tassazione studentesca, ma se anche questi si confermassero positivi per l’Ateneo, vi sarebbero tutte le condizioni per prevedere un incremento delle risorse da destinare alla programmazione.
Non si tratterebbe certo della richiesta dei firmatari della lettera (”inquadrare nel ruolo superiore tutti i docenti interni che ottengano l’abilitazione nazionale”), ma sicuramente potrebbe consentire di fare un grosso passo avanti per il riconoscimento dei risultati conseguiti dai docenti dell’Ateneo. In seguito ad un’interrogazione presentata nell’ultima seduta del CdA, si è concordato di avviare una ricognizione delle risorse necessarie (finanziarie e di P.O.) per la chiamata alla fascia superiore di tutti i docenti dell’Ateneo in possesso di ASN. Ritengo si tratti di un primo importante segnale che testimonia l’attenzione del CdA – e del ProRettore Vicario che presiedeva la seduta – su questo tema, al quale spero possano seguire interventi tangibili, per quanto nei limiti di un impiego di risorse compatibile con gli equilibri di bilancio presenti e futuri.
Colgo l’occasione del post di Enrico Napoli, per aggiungere qualche commento sulla questione sollevata dalla lettera aperta dei Docenti Universitari abilitati alle fasce superiori della carriera, di cui sono stato uno tra i promotori/estensori, oggetto anche di un’interrogazione al Senato Accademico da parte di Onofrio Scialdone. Pur essendo stato invitato già a Ottobre a commentare questo blog, da Enrico, che ringrazio per la puntuale disamina della questione e per le proposte avanzate, non ho ritenuto di intervenire prima per due motivi:
– il primo relativo al contenuto articolato ed esauriente della lettera aperta che rende superfluo ulteriori considerazioni da parte mia;
– il secondo perché ho pensato che il periodo, in mancanza di chiarezza sulla ‘governance’ dell’Ateneo, non fosse adatto a sollevare ulteriori questioni.
Ricordo che la decisione di mettere per iscritto il disagio dei Docenti abilitati ha preso le mosse, fra l’altro, dalla poco comprensibile decisione degli organi collegiali e del Rettore di non utilizzare, nell’ambito della programmazione triennale, l’art.24 comma 6, come invece fatto da altri Atenei. Ma si sa spesso si vuole essere più realisti del Re…Anche se, nonostante il richiamo all’art.18, a ben guardare i bandi per i concorsi per i docenti, con le loro liste di priorità, sembra che sia stato utilizzato un inedito art. 23 & 3/4 (Harry Potter docet)… con la malcelata speranza che i concorsi siano vinti da docenti interni… in caso contrario parte della programmazione rischierebbe di saltare.
Va da sé che il ricorso all’art. 24 comma 6 applicato ai docenti in possesso dell’ASN e inquadrati nel ruolo da un congruo numero di anni, senza avere un aggravio nel medio-lungo termine per il bilancio dell’Ateneo, ha una ricaduta immediata sull’offerta formativa (in termini d’incremento del numero dei docenti di riferimento utilizzabili) e consentirebbe di colmare le deficienze di Professori Ordinari di cui è prevista una marcata riduzione nei prossimi 2-3 anni.
Pur essendo consapevole che gli ostacoli che si potranno frapporre allo scenario suggerito dalla lettera aperta non saranno pochi, credo sia necessario che il CDA in tempi brevi debba, come suggerito da Enrico, ’avviare una ricognizione delle risorse necessarie (finanziarie e di P.O.) per la chiamata alla fascia superiore di tutti i docenti dell’Ateneo in possesso di ASN.’, e individuare le modalità per rimodulare l’offerta formativa 2018-19 in modo da rispondere alle legittime aspirazioni di progressione di carriera dei docenti abilitati-abilitandi che sono una risorsa per le performances positive dell’Ateneo (es. offerta formativa e VQR).
Ritengo che quando si è d’accordo sulla bontà delle istanze è necessario rompere gli schemi ed essere propositivi/risolutivi e non passivi esecutori di tecnicismi ministeriali.
errata corrige: rimodulare la programmazione 2018-19 (non l’offerta formativa…)
Concordo con quanto detto finora. Rimango davvero perplesso sul fatto che il nostro ateneo non abbia voluto utilizzare l’articolo 24 dal momento che altri atenei lo hanno fatto in maniera prevalente. Quali motivazioni possono avere spinto a “rischiare” un articolo 18 (per il quale un vincitore outsider avrebbe incrinato tutta la programmazione) e non usufruire di un comodo art. 24? Azzardo alcune ipotesi al solo fine di affinare la strategia di convincimento. Può essere possibile che individuando quasi “ad personam” si tolga potere di decisione, all’interno dei dipartimenti su chi debba o no adire alla fascia superiore? Più chiaramente: potrebbe essere che in un Dipartimento poter decidere quali SSD associare a posizioni di associato ed ordinario corrisponda ad un “favore” da restituire, favore che viene meno al momento in cui un’unità di personale viene individuato da una procedura? Se fosse così, ho la vaga impressione che le persone più probabili da convincere debbano essere i direttori di dipartimento. E se fosse davvero così la riflessione che faccio è veramente amara…….Provocazione lanciata, attendo commenti e proposte operative